MARIÇA ARSIČ e AMEDEO S.LEGGIO

Mariça Arsič è una tenera signora di Spongano, provincia di Lecce. Vive circondata da figlie e nipoti, tutti i pomeriggio va in chiesa, non mangia verdura e non sopporta i film di guerra. Una nonna come tutte e la curiosità si accende per il suo nome: Mariça Arsič.

Un nome slavo e la signora è troppo anziana perché la si annoveri tra i tanti rifugiati prodotti dalle guerre che hanno dilaniato la ex Jugoslavia dalla scomparsa di Tito. Infatti, nata il 25/07/1927 a Skopje, in Macedonia, la sua vita ha un percorso sorprendente e viene da molto più lontano nel tempo.

Mariça ha incrociato, giovanissima, le ambizioni di Hitler di dominare il mondo e ne è stata una delle vittime. I ricordi della signora non hanno puntelli certi perché il diario, che lei ha tenuto negli anni della guerra, era troppo doloroso e lei si consumava gli occhi a lacrimarci sopra, quando lo riprendeva in mano.

Così il marito un giorno non sopportò più il suo dolore e lo ha distrutto. Bisognava dimenticare. Dimenticare per sopravvivere è stato uno degli imperativi di tantissime vittime prima di tornare a vivere. L ’Operazione Marita iniziò il 6 aprile del 1941.

Operazione 25

Si chiamava anche Operazione 25 ed è il nome in codice tedesco per il piano di occupazione della Jugoslavia. Gli jugoslavi la chiamarono semplicemente la Guerra d ’aprile. Lunedì 7 aprile 1941 il XL Corpo corazzato tedesco, entrato in Jugoslavia dalla Bulgaria, occupò Skopje e si congiunse con l ’esercito italiano che veniva dall ’Albania.

In quei giorni, o poco dopo, la vita di Mariça cambiò. Aveva quattordici anni ed era a scuola. La pattuglia tedesca che si presentò nella scuola aveva fucili e pistole ma il linguaggio era rassicurante: gli studenti dovevano essere evacuati per salvarli dai bombardamenti.

I giovani in fila scoprivano che la salvezza offerta dai tedeschi erano i treni bestiame in attesa alla stazione. Iniziarono, per Mariça, una serie di eventi che è difficile collocare nella esatta successione storica perché i ricordi traballano.

Ma la consapevolezza che non si era più padroni della propria vita fu immediata. I tedeschi sparavano. La sua amica Milena, di cui mostra la foto, è stata uccisa. Perché? La signora alza le spalle. Si sparava per niente. Niente era il valore della vita di una ragazza slava. Il terrore entrava nella vita di Mariça e lei aveva quattordici anni.

I giovani tedeschi costringevano le ragazzine della scuola ad appartarsi. Mariça, magra e impaurita, non risultò appetibile come bottino di guerra. I treni bestiame non salvavano gli studenti dai bombardamenti ma li portavano altrove.

Un lungo viaggio

Cominciava il lungo viaggio verso un destino ignoto che aveva già mostrato le sue atrocità. Mariça non sapeva nulla di pulizia etnica e di razze inferiori per le quali i tedeschi avevano predisposto campi di lavoro, ma l ’istinto la guidò a scappare in una delle tante tappe.

Ci riuscì. Non sappiamo per quanto tempo Mariça sopravvisse nascosta tra i campi e nutrendosi di erbe crude. Da allora il suo corpo rifiuta le verdure. Un altro ricordo è una stazione, nei bagni, dove si nascondeva.

Mariça fu scoperta da un tedesco e i treni bestiame erano sempre lì, in attesa. Questa volta Mariça non sfuggì. Il suo destino, scritto da Hitler e predisposto dai suoi carnefici, si compì; lei non era più l ’adolescente che si affacciava alla vita ma uno strumento di lavoro nel grande disegno di Hitler che doveva costruire la pace dei mille anni.

Un nuovo ordine mondiale era previsto in cui le razze erano rigorosamente collocate sui gradini di una piramide che aveva in cima la razza ariana, i padroni del nuovo mondo, e alla base gli ebrei e i disabili, vite non degne di essere vissute.

Ogni uomo, donna e bambino aveva il suo posto assegnato e per sempre; una società semplificata in cui i conflitti sociali non sarebbero più stati possibili. La pace di Hitler.

Il destino

Il destino di Mariça fu quello degli schiavi e il suo posto uno o più campi di lavoro nella Turingia, in Germania. Sicuramente nell’ottobre del 1943 era nello Stalag IX C, vicino a Bad Sulza perché vi giunse Amedeo Salvatore Leggio, uno dei tanti soldati italiani che l ’armistizio dell ’8 settembre aveva lasciato senza direttive e, disarmati, si erano trovati in fila verso i campi di internamento tedeschi.

Amedeo aveva 26 anni e Mariça 16, e si innamorarono. L ’amore è sempre un miracolo e immaginate l ’esplosione di Paradiso che poteva produrre in un luogo di fame, fatica e morte. C ’è una foto che la ritrae a Unterwellen nell ’agosto del 1944.

Mariça lavorava nelle cucine di un ristorante della città e uno dei suoi ricordi più forti è lei dentro gli enormi pentoloni che strofinava per pulirli. Un altro ricordo la accompagna: nascondeva le bucce di patate per gli internati, sempre affamati, del campo; certamente anche per Amedeo.

Nel marzo del 1945 arrivarono gli americani e portarono la libertà nel campo. Lo Stalag IX C fu chiuso il 29 marzo 1945 e i prigionieri furono divisi per gruppi di nazionalità e rimandati nel paese di origine.

Mariça ebbe paura di perdere Amedeo; lei sarebbe dovuta tornare a Skopje da dove era stata deportata anni prima. Invece il gruppo degli italiani fece muro intorno a lei e la nascose. Finalmente Mariça e Amedeo iniziarono il loro viaggio verso l ’Italia.

Arrivo a Spongano

A piedi fino a Venezia, con il treno fino Lecce e con la littorina per arrivare a Spongano. Quando nei paesi del Salento si spargeva la voce che il figlio, il marito o il padre di uno del paese tornava dalla uerra, in tanti andavano ad accoglierlo.

Era estate e Mariça e Amedeo arrivarono tenendosi per mano. Chi era quella ragazza?
Mariça aveva 18 anni e tutti videro che veniva dall ’altro mondo. Indossava pantaloncini corti ed anche questo era inaudito e mai visto tra le sue coetanee del Salento.

La foto coglie la sua aria smarrita ma nulla dell’Inferno da cui veniva. I due ragazzi erano impegnati a dimenticare. Benvenuti, ragazzi. Ma chi era quella ragazza? E chi è questa donna?
Una curiosità che ci resta. Forse è possibile ancora ricostruire la sua storia attraverso le testimonianze incerte dei suoi ricordi e, speriamo, anche di qualcun altro, ancora in vita, che in qualche punto delle varie tappe di questo breve resoconto possa aver incontrato lei o Amedeo.

Le riteniamo testimonianze preziose. La famiglia ha fornito queste bellissime foto che possono aiutare altri a far crescere questa storia. Le foto di gruppo: Amedeo al militare e il Corso allievi 1917, alimentano domande importanti. C ’è qualcuno ancora in vita? Chi di loro condivise il destino di Amedeo nello Stalag IX C?

Abbiamo molto da imparare da questo sciagurato passato e la domanda: “Come è potuto succedere?” ci insegue sempre, senza risposta.

Tina Aventaggiato

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